Nel corso del suo regno, Federico II di Svevia ebbe un notevole rapporto con il mondo arabo: all’epoca la Sicilia era un luogo d’incontro tra diverse culture e faceva da ponte tra il mondo cristiano europeo e il mondo musulmano del Medio Oriente. L’Imperatore, noto per la sua politica di tolleranza religiosa, promosse attivamente la traduzione di opere arabe in latino, contribuendo alla diffusione della conoscenza scientifica e filosofica araba in Europa. Tuttavia, dinanzi alle rivolte saracene che minacciavano la stabilità del Regno di Sicilia, Federico agì con una cruenta repressione. Tra il 1224 ed il 1246 lo Svevo costrinse i Saraceni ribelli di Sicilia a trasferirsi in Puglia, nel borgo di Lucera: si trattò di una vera e propria deportazione, che interessò lo spostamento di almeno ventimila persone. Federico II commissionò la costruzione di un complesso fortificato sulla collina della città, comprendente il palazzo imperiale, una zecca, residenze e una grande moschea, assecondando i costumi e le tradizioni dei nuovi abitanti.
Questi ultimi, abili coltivatori, allevatori, ed esperti artigiani, dimostrarono anche il loro valore come combattenti, diventando la spina dorsale dell’esercito di Federico, specializzandosi come formidabili arcieri e fungendo da guardia del corpo del sovrano. Un’ antica fonte musulmana segnala che Federico promosse la costruzione di un istituto scientifico a Lucera, con l'obiettivo di coltivare tutte le branche delle scienze arabe. Dopo la morte di Federico II, nell’agosto del 1300 la colonia venne dapprima ghettizzata e in seguito crudelmente distrutta da Carlo II d’Angiò e da papa Bonifacio VIII.