Federico era un cacciatore appassionato e un grande amante della natura. I suoi registri di corte testimoniano l’acquisto di uccelli rapaci, fatti giungere da Malta, ma anche di ghepardi addestrati a Lucera per l’esercizio della caccia con i falchi, secondo un’abitudine orientale. Più che un passatempo in pieno stile cortese, però, la caccia con uccelli rapaci (come falchi, astori e sparvieri) per l’Imperatore era una vera e propria scienza: egli redasse infatti un famoso libro, intitolato Sull’arte di cacciare con gli uccelli (De arte venandi cum avibus) per il quale si procurò trattati di ornitologia e arte venatoria, alcuni fatti appositamente tradurre dall’arabo, da allegare come premessa al libro.
La versione del libro che oggi conosciamo ci è stata tramandata dal figlio Manfredi. Anche se si ritiene improbabile che Federico abbia scritto il trattato di suo pugno, è pur vero che egli impegnò almeno trent’anni della sua vita per confrontare la letteratura sul tema con l’esperienza pratica e l’osservazione della realtà, avvalendosi dell’aiuto di esperti provenienti da tutto il mondo, dall’Inghilterra all’Egitto. L’imperatore partecipò attivamente alla redazione del libro e non mancò di esprimere i suoi punti di vista personali in merito ai diversi argomenti.